Il calcio, è superfluo anche dirlo, non può essere considerato un mero sport. Non lo è in Italia e non lo è nel resto del mondo. Intorno al calcio orbitano storie di luoghi, di identità, di uomini-simbolo, di dei pagani e di mitologia sportiva. Nulla, meglio del calcio, è in grado di canalizzare segni di appartenenza e riconoscimento, di creare unità e frammentazione tra gruppi, a contrapporre e ad unire individui, città, nazioni. E sulle curve degli stadi il fenomeno si amplifica. Le curve sono il posto in cui un agglomerato di persone si scopre gruppo, non perché semplicemente sceglie di tifare in coro per una stessa squadra, non soltanto per manifestare una fede comune: ogni curva ha un proprio marchio, è un marchio, con i suoi valori, la sua filosofia, il suo credo, un patrimonio di storia e storie condiviso, convinzioni e modi di vedere il mondo.
calcio
Non può certo sorprendere, quindi, che gli spalti siano in grado di farsi cassa di risonanza di una visione, specchio della società – o di una parte di essa. Una cassa che sa come giungere all’orecchio dei mass media, grazie a una comunicazione efficace, talvolta violenta, talvolta assolutamente geniale. Gli striscioni nel calcio sono un’arma potente, che si staglia sugli obiettivi delle videocamere e permette di conquistare la presenza negli spazi del mainstream. Per riuscirci, però, serve una comunicazione d’impatto. Ecco chi c’è riuscito meglio: gli striscioni più significativi delle curve di calcio, tra umorismo, satira, sdegno. Il linguaggio e le tematiche sono, in alcuni casi, molto controversi (come ogni cosa, d’altronde), ma l’intensità del messaggio resta indiscutibile. Ed è ciò che conta di più.
striscioni nel calcio
mainstream
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Celtic – Lazio 2-1, 24 ottobre 2019
Cominciamo dall’episodio più fresco: giovedì 24 ottobre 2019 si è giocata la partita Celtic – Lazio, terza giornata dei gironi di Europa League 2019-20. Nel pomeriggio prima del match (previsto in serata), un corteo di tifosi laziali sfila per le strade di Glasgow, intonando cori fascisti. Per chi non lo sapesse, le frange estreme del tifo organizzato laziale sono note in tutta Europa per la propria ideologia politica.
Celtic – Lazio
Evidentemente, ciò è noto anche ai supporters scozzesi che, nel corso dell’incontro, hanno esposto uno striscione con scritto “Follow your leader” (Seguite il vostro leader) e, accanto, un’immagine che ritrae il Duce appeso a testa in giù, come nel giorno della sua esecuzione del 28 aprile 1945. Non solo, i tifosi scozzesi non hanno rinunciato a palesare tutto il proprio astio nei confronti dei rivali anche con altri striscioni.
supporters
check these guys out
Follow your leader”
Roma – Brescia 0-0, 15 febbraio 2003
Ventunesima giornata del Campionato di Serie A 2002-03, all’Olimpico di Roma si gioca la partita tra i capitolini di Francesco Totti (e poco altro) e il Brescia di Roberto Baggio e Pep Guardiola. Non è una Roma esaltante, tutt’altro, quella che affronta le Rondinelle e che chiuderà la stagione solo all’ottavo posto in classifica, esattamente davanti ai rivali di giornata. Se lo spettacolo non giunge dal rettangolo di gioco, i sostenitori romanisti decidono di crearlo sugli spalti, esibendo uno striscione tanto ironico quanto brutale nei confronti della situazione geo-politica di quegli anni: “Bush comprate er Risiko”.
Bush comprate er Risiko”
Il dramma dell’11 settembre è ancora vivo negli occhi, sono passati appena diciassette mesi da quando le Torri Gemelle sono state abbattute da Al Qaeda. Solo un mese dopo l’attentato, il Presidente degli Stati Uniti d’America George W. Bush ha decretato l’inizio delle manovre militari in Afghanistan, per sconfiggere il regime talebano insidiatosi nello stato asiatico e accusato di proteggere il movimento terroristico guidato da Osama Bin Laden. Già da inizio 2002, però, il numero 1 degli USA aveva annunciato l’intenzione di estendere lo scontro a tutti quegli stati che rappresentavano una minaccia per la pace e l’armonia globali; nell’Asse del Male erano inclusi anche Iran, Iraq e Corea del Nord. La dottrina Bush prevedeva l’avvio di guerre preventive in tutti quei luoghi in cui si temevano focolai di ribellione e di violenza bellica. Bush si guadagnò così la fama di statista guerrafondaio, attuando una vera e propria polarizzazione dell’opinione pubblica mondiale. I tifosi romanisti decisero così da quale parte schierarsi.
Asse del Male
dottrina Bush
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Legia Varsavia – Sherif 1-1, 17 agosto 2017
Questa è una storia in quattro atti. Il primo si svolge a Varsavia, come gli altri due, ma nel 1944: tra l’1 agosto e il 2 ottobre di quell’anno, si consumò infatti la Rivolta di Varsavia: l’Esercito Nazionale Polacco combattè strenuamente per liberare la capitale dai Nazisti, in attesa delle truppe russe, che intanto muovevano rapidamente verso le porte della città. Il conflitto si risolse però in favore del Terzo Raich, i polacchi dichiararono la resa, ottenendo lo status di prigionieri di guerra, come previsto dalla Convenzione di Ginevra. Hitler, però, desiderava rendere la ribellione polacca un esempio da non seguire: quasi in 500 mila vennero deportati in attesa di un ordine di esecuzione da parte del Führer.
Rivolta di Varsavia
Terzo Raich
2 agosto 2017, ancora Varsavia, Pepsi Arena, lo stadio in cui disputa le partite casalinghe il Legia, squadra tra le più titolate della nazione. Quel giorno si gioca Legia Varsavia – Astana, ritorno del terzo turno di qualificazione della Champions League 2017-18. La partità finirà 1 a 0 per i kazaki, che passeranno il turno, ma non è questo che a noi importa. A noi interessa ciò che succede in curva dove, nel settore destinato ai tifosi più veraci della squadra di casa, spunta una coreografia emotivamente violentissima, oltre che di efficacia visiva: un soldato tedesco senza testa che punta una pistola sulla tempia di un bambino, la scritta 1944 a fare da sfondo, una dicitura in inglese a integrare il supporto grafico: “1944, durante la Rivolta di Varsavia i tedeschi uccisero 160mila persone. Migliaia erano bambini”. La UEFA reagì duramente e decise di punire la società per responsabilità oggettiva, infliggendole una multa di 35 mila euro.
Legia Varsavia – Astana
Ancora varsavia, ancora Pepsi Arena, 15 giorni più tardi. è il 17 agosto 2017 e, a causa della sconfitta contro l’Astana di due settimane prima, il Legia è retrocesso in Europa League, dove affronta i moldavi dello Sheriff per il match d’andata dei playoff. I tifosi polacchi non hanno digerito la decisione della UEFA di multare la società e rispondono in modo satirico, ma anche molto feroce. La coreografia è ancora una volta da capogiro, straordiariamente magnetica sotto il profilo grafico e con un copy didascalico: un maiale troneggia al centro della curva, coperto da una veste dai ricami con sopra stampato a più riprese il simbolo dell’Euro, mazzette di banconote in mano e, alle sue spalle, il logo della UEFA; a fondo immagine, sempre in inglese, la scritta “E i 35 mila euro vanno a…”
E i 35 mila euro vanno a…”
Per raccontare il quarto e ultimo atto, facciamo un passo indietro di tre anni: 28 agosto 2014, a Varsavia si disputa l’incontro tra il Legia e i kazaki dell’Aktobe in un incontro valido per i preliminari di Europa League. I polacchi avrebbero dovuto giocare in Champions, ma sono stati retrocessi dopo che, nella doppia sfida contro il Celtic, è stato schierato un giocatore squalificato. Nonostante la vittoria totale di 6 a 1, il Legia si ritrova dunque a disputare la competizione meno nobile d’Europa. I tifosi non hanno mandato giù la sentenza, ed espongono lo stesso striscione che avremmo rivisto tre anni più tardi, ma con qualche modifica: il maiale impugna un biglietto con scritto 6<1 e la scritta recita “Perché il calcio non conta, contano i soldi”.
Perché il calcio non conta, contano i soldi
Provocatoria, certo. Macabra persino, ma quanto mai inserita nel contesto storico-sociale, la comunicazione dei tifosi del Legia Varsavia fa sì che tutta Europa si accorga di loro e che la loro propaganda anti-sistema conquisti l’attenzione mediatica che cercavano.
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Parma – Inter 1-0, 25 marzo 2006
Sfatiamo il mito secondo cui i tifosi siano incolti, trogloditi persino. Tra di loro, invece, si annidano persino fini pedagoghi, come ha dimostrato un tifoso parmense in occasione di un Parma-Inter vinto per 1 a 0 dai locali il 25 marzo 2006. Meno di due mesi dopo sarebbe scoppiato lo scandalo Calciopoli, che avrebbe rivoluzionato lo scacchiere nazionale e le gerarchie della Serie A. L’Inter attraversa una delle fasi meno gloriose della propria storia, non vince un Tricolore dal 1989 e anche stavolta andrà allo stesso modo: Juve e Milan – che chiuderanno la stagione con 15 e 12 punti in più dei Nerazzurri – sembrano troppo più forti. La fama di eterni sconfitti assilla da quasi un ventennio i sostenitori interisti.
Parma-Inter
Calciopoli
Il modo che usa un tifoso del Parma per sfotterli, però, è assolutamente geniale: “De Coubertin era interista” recita il suo striscione sostenuto da due aste. Il riferimento è al motto utilizzato dallo storico francese, ritenuto il padre dei moderni giochi olimpici: “L’importante è partecipare”. In realtà, ciò che realmente disse lo studioso fu: “L’importante nella vita non è solo vincere, ma aver dato il massimo. Vincere senza combattere non è vincere”, ma che importa.
De Coubertin era interista
L’importante è partecipare
L’importante nella vita non è solo vincere, ma aver dato il massimo. Vincere senza combattere non è vincere”
Per la cronaca, lo scandalo di Calciopoli consegnerà d’ufficio lo Scudetto 2005-06 proprio all’Inter, retrocedendo il Milan in classifica e mandando la Juventus in Serie B. Giusto per smentire De Coubertin.
Borussia Dortmund – Malaga 3-2, 9 aprile 2013
I tifosi del Borussia Dortmund sono ritenuti i migliori in fatto di coreografie e, negli anni, ce ne hanno regalate di straordinarie: in 3D, con effetti speciali, animate. Una di quelle che è rimasta nel cuore non solo dei supporters tedeschi, ma di tutti gli amanti del calcio, è quella che il ‘Muro Giallo’ ha regalato alle telecamere di tutto il mondo il 9 aprile del 2013. L’occasione è di quelle da gran galà, perché si giocano i quarti di finale di ritorno della Champions League 2012-13. Ci sono solo due step che dividono le contendenti dalla finalissima di Wembley del 25 maggio 2013. Il Borussia Dortmund, dopo anni di buio, è tornato ad essere un top team nel proprio campionato, la Bundesliga (di cui è detentore da due anni), ma non è ancora riuscito a consacrarsi definitivamente in ambito internazionale. Per la compagine di Jürgen Klopp, però, la stagione promette decisamente bene. L’avversario non è dei più ostici, il sogno di arrivare in fondo alla competizione è più che mai concreto, al punto che la curva giallonera si sente in dovere di sottolinearlo con una coreografia memorabile; ecco allora lo spettacolo: un video animato da essere umani si compone lentamente; prima appare la ‘Coppa dalle Grandi Orecchie’, quindi, scorrendo dal basso, un tifoso del Borussia con un binocolo in mano si prende il centro dell’opera e, ancora più in basso, campeggia una scritta in tedesco: “Sulle tracce del trofeo perduto”; il tutto, mentre lo stadio scandisce a tutto volume l’inno celeberrimo della Uefa Champions League.
Sulle tracce del trofeo perduto
La coreografia si rivelerà poi di buon auspicio, se non addirittura un fattore, nel trascinare i padroni di casa alla vittoria dell’incontro, un 3-2 giunto in modo rocambolesco con due segnature negli ultimi minuti. I tedeschi arriveranno poi fino alla finale di Londra dopo aver battuto il ben più blasonato Real Madrid in semifinale. Il sogno, però, si concluderà sul bello a causa dell’altra tedesca, quella più forte, il Bayern Monaco; 2-1 con gol decisivo di Robben al minuto 89. E che gol.