Come il Covid ci ha cambiato dentro e fuori: illustrazione in 7 punti

Siamo tutti d’accordo nel dire che il Covid-19 ci ha cambiato? Non sappiamo in che misura, non ne conosciamo ancora gli effetti a lungo termine, non abbiamo idee di quali trasformazioni sono destinate a sparire insieme al virus e quali diventeranno strutturali dell’uomo post-pandemia, ma in questo momento ognuno di noi è una persona diversa rispetto a febbraio 2020.

Siamo tutti d’accordo nel dire che il Covid-19 ci ha cambiato?

Chi ha torto o ragione, chi è Napoleone

Siamo cambiati nelle relazioni con gli altri e nel modo di pensare la nostra quotidianità (e persino i nostri ricordi); sono cambiati  i nostri schemi mentali, le nostre categorie, o meglio, si sono adattate: oggi collochiamo ogni essere umano su una scala graduata che va da “è un complotto di Bill Gates per vendere il suo vaccino” a “Runner bastardi, state distruggendo l’umanità”. Nel mezzo, grazie al cielo, c’è un concentrato di persone che vive la micro(?)-era del coronavirus con sensibilità molteplici e tutte comprensibili: c’è lo scrupoloso (o per qualcuno l’ipocondriaco) che indossa la mascherina anche mentre circola da solo in auto, il superficiale (o per qualcuno l’irresponsabile) che in situazioni informali si arroga la libertà di non indossarla; c’è l’amuchina-dipendente, l’espansivo che non può fare a meno di toccare e abbracciare, chi aspetta il vaccino, chi il vaccino non se lo farà mai. Chi va a correre, chi odia chi corre, chi odia chi odia chi corre. Ma il cielo è sempre più blu.

è un complotto di Bill Gates per vendere il suo vaccino
Runner bastardi, state distruggendo l’umanità
con sensibilità molteplici e tutte comprensibili
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Siamo cambiati prima di tutto nel nostro cervello. Pensiamo in modo diverso, occupiamo lo spazio in modo diverso, interiorizziamo le relazioni umane in modo diverso. Talvolta anche incoerentemente, alternando momenti di rigidità normativa ad altri di benevolo permissivismo, preoccupandoci delle regole, dell’emotività altrui, ma anche di non fare appannare gli occhiali respirando nella mascherina. Ci laviamo le mani più spesso, con più foga, evitiamo più facilmente ogni forma di contatto intimo, non beviamo dalla bottiglia dell’amico fidato, utilizziamo posate specifiche per ogni portata comune messa al centro della tavola.

Siamo cambiati prima di tutto nel nostro cervello

Quanto e come il covid-19 ci ha cambiato: illustrazione in 7 punti.

Quanto e come il covid-19 ci ha cambiato: illustrazione in 7 punti

1. Rimappiamo i nostri ricordi (fateci caso)

Provate a pensare a un episodio del vostro passato. Provate a ricordare un aneddoto che vi abbia visto coinvolti all’interno di una pizzeria, di una cartoleria, di un qualunque locale pubblico. Se a voi capita quello che capita anche a me, vi farà strano ricordare il venditore, il cassiere, il cameriere relazionarsi con voi senza una mascherina a coprirgli parte del viso. Oppure, capita di guardare un film in tv e di provare un senso di spaesamento durante scene di aggregazione o di interscambi a viso scoperto all’interno di luoghi pubblici. La mascherina, il distanziamento sociale, l’amuchina sono ormai parte integrante del nostro nuovo mondo, la nostra mente si è saputa settare su nuovi parametri relazionali. Ci siamo abituati così rapidamente, che persino i nostri ricordi iniziano ad essere rielaborati in funzione della nuova normalità. Abbiamo modificato il nostro modo di stare nelle relazioni e, persino, abbiamo rimappato i nostri ricordi. Per sempre? Chi può dirlo. Dovremmo prima comprendere per quanti mesi o anni ancora riterremo legittimo andare in giro con naso e bocca coperti; solo qualche tempo fa, ridevamo degli asiatici con quella sciocca mania. Probabilmente non rideremo mai più di ciò.

abbiamo rimappato i nostri ricordi

2. Diamo giudizi sommari (“Perché lui sì e lui no?)

Perché lui sì e lui no?

Parrucchieri aperti, centri estetici chiusi. Prosegue il calcio ai massimi livelli, anche quello internazionale, stop a quello giovanile e dilettantistico. Si può correre sotto casa, ma solo entro un raggio di metri pari a un’ampiezza che la legge non chiarisce. Ammettiamolo, spesso risulta difficile cogliere una coerenza nelle manovre apri e chiudi del Governo, così ognuno di noi si sente (e lo è) autorizzato a esprimere il proprio dissenso. Più che critiche vere e proprie, le lamentele di noi sudditi spesso appaiono come richieste di chiarimento tipiche di chi cerca un senso lì dove non c’è o non sembra esserci. In effetti, risulta complicato capire perché un centro estetico rappresenti una minaccia per il sistema sanitario nazionale e il salone del barbiere invece no. E allora che si fa? E così, ecco che si accende in noi la brama di giustizia sommaria, la quale dovrebbe abbattersi su ogni cittadino allo stesso modo, in ossequio all’idea secondo cui se soffriamo tutti, soffriamo meno. Mal comune, mezzo gaudio. Più che rivendicare i nostri diritti, sembriamo in cerca di una livella sociale, che forse farebbe comodo in un’ottica di gestione dell’opinione pubblica. Ma solo a quella. Sì, lo so, dovrei andare a dirlo agli estetisti, giusto? No, non è quello il punto.

autorizzato a esprimere il proprio dissenso
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gestione dell’opinione pubblica
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3. Alimentiamo la dialettica del Noi/Voi (chi più, chi meno)

Il punto 2 e il punto 3 hanno una cosa in comune: descrivono due atteggiamenti che, in realtà, fanno parte del tipico modo di ragionare delle grandi masse. Così come ci viene molto facile scadere nella retorica della giustizia sommaria, altro e tanto facilmente ci scopriamo a effettuare distinzioni grossolane, ad aderire a stereotipi, a catalogare qualunque processo al di qua o al di là di una linea granitica. Ed ecco che ci siamo cascati una volta di più, come italiani e come cittadini del mondo. Siamo stati quelli che si disponevano con o contro Berlusconi, prima ancora eravamo rossi o neri. E oggi siamo no-mask oppure sostenitori delle chiusure; per qualche ragione che non saprei fornirvi, la distinzione sfocia in un’altra dialettica, apparentemente del tutto svincolata dalle dinamiche sanitarie: siamo sovranisti e anti-sovranisti. Ovviamente la realtà delle cose è ben più complessa, ma la grande narrazione che utilizziamo per barcamenarci in questo pandemico macello resta la medesima: linea in mezzo, o stai di là o stai di qua.

tipico modo di ragionare delle grandi masse
oggi siamo no-mask oppure sostenitori delle chiusure

Bisogna chiudere tutto”: piddiota grullino, SVEGLIA!!1!1

Bisogna chiudere tutto

Non si può chiudere di nuovo tutto”: negazionista, fascista, AIUTATELO !!1!1

Non si può chiudere di nuovo tutto”

E nel mezzo, una massa informe che attende di essere etichettata in base ai propri pareri su questa o quella questione. La cosa surreale è che ciò che noi pensiamo su cosa sia giusto o non giusto fare per gestire la pandemia è diventato una prova che svela le nostre preferenze politiche. Perché siamo così abili a omologarci? Forse il motivo è solo uno e sempre lo stesso: cerchiamo soluzioni semplici a problemi complessi.

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E nel mezzo, una massa informe che attende di essere etichettata
cerchiamo soluzioni semplici a problemi complessi

4. Siamo bipolari (“Apri! Chiudi! Lascia un po’ e un po’!”)

Apri! Chiudi! Lascia un po’ e un po’!

E poi diciamocelo: siamo ufficialmente diventati bipolari. Non in senso politico, ma clinico. Siamo entità a due teste che con una bocca incitano alla chiusura e con l’altra rivendicano il diritto alla libertà. Ok, tu no, tu nemmeno, neppure tu. Nessuno di noi lo fa o crede di farlo. Ognuno di noi ha di se stesso un’alta considerazione e ne riconosce l’assoluta coerenza di pensieri, opere e missioni. Sta di fatto, però, che ci troviamo nella delirante situazione in cui la metà della popolazione urla contro il Governo dispotico che serra le saracinesche e l’altra metà lo accusa di essere troppo molle e poco risoluto nell’affrontare la seconda ondata di contagi.

siamo ufficialmente diventati bipolari

5. Proviamo disagio spazio-sociale (“E mo come lo saluto aqquesto?”)

E mo come lo saluto aqquesto?

Un tempo, nell’era pre-covid, il ripudio sociale era riservato alle seguenti categorie di essere umano: il logorroico, lo sputacchiatore, quello che ti sta antipatico ma che crede di starti simpatico, il pesantone, l’egoico, testimoni di Geova, gente che urla quando parla, persone con cui si ha poco o nulla da dire, parcheggiatori abusivi, suocere, nuore, generi, parenti dal secondo grado di parentela in giù, quello che non ci ricordiamo mai come si chiama. Adesso, invece, l’elenco è ancora più nutrito e arriva a includere, nei momenti di maggior scoramento, la quasi totalità delle persone esistenti al mondo. Non è per cinismo o misantropia, si tratta solo di voler evitare l’imbarazzante momento del saluto iniziale: c’è quello che se gli tendi la mano ti porge il gomito, facendoti sentire un incauto; quello che se gli porgi il gomito, ti restituisce risate e sarcasmo e ti accusa di essere uno sciocco. Se ti avvicini troppo qualcuno prenderà le distanze da te, se resti troppo distante c’è chi si sentirà snobbato dalla prossemica della relazione. Insomma, sembra quasi che non siamo più in grado di gestire gli spazi sociali, quasi come se andassimo rieducati, ma senza parametri universalmente condivisibili né una memoria storica che possa aiutarci a riguardo.

ripudio sociale
quasi totalità delle persone esistenti al mondo
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6. La sindrome di Cenerentola (e una nuova creatività)

Però una cosa positiva c’è: a forza di restrizioni, chiusure, coprifuoco, eccetera, abbiamo scoperto nuove modalità per stare insieme. E se i canonici centri di aggregazione sono oggi indisponibili, ecco che ci riversiamo nei parchi, che trascorriamo il tempo in macchina, che riscopriamo il gusto di invitare un amico a casa. Con il coprifuoco che scatta dalle ore 22:00, poi, c’è chi ha persino riassestato le proprie abitudini crepuscolari, anticipando l’orario di uscita e rientrando a casa quando, ai tempi belli, era solito iniziare la serata. Non si può dire che l’essere umano non sappia adattarsi in fretta. Nel frattempo, le restrizioni ci permettono di assegnare valore nuovo al tempo, come Cenerentola, ma per la nostra carrozza abbiamo pagato due ore di noleggio in meno.

abbiamo scoperto nuove modalità per stare insieme
assegnare valore nuovo al tempo

7. Riscopriamo la bellezza delle piccole cose (chiusura con morale spicciola, ma opportuna)

A costo di apparire stucchevole, lo voglio dire: dal lockdown di marzo alla riapertura estive e quindi alle nuove chiusure, abbiamo imparato ad apprezzare davvero le piccole cose. Come si dice: capisci il valore di qualcosa solo quando la perdi. Banale, scontato, ma solo fino a un certo punto, perché questa pandemia ci costringe a fare ragionamenti che mai avremmo saputo anche solo concepire. Certo, capisci il valore di qualcosa solo quando la perdi, ma alcune cose non eravamo davvero preparati all’idea che si potessero perdere. E forse, se vogliamo lasciarci con una nota di positiv… di buon auspicio, possiamo fare in modo che sia questo il bicchiere mezzo pieno: la nostra nuova capacità di mettere tutto in discussione.

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abbiamo imparato ad apprezzare davvero le piccole cose
alcune cose non eravamo davvero preparati all’idea che si potessero perdere
la nostra nuova capacità di mettere tutto in discussione